Chi sono

Mi chiamo Gian Luca Bellini e mi sono diplomato come perito agrario, e poi come erborista e fitopreparatore.

Per dodici anni ho importato dall’India mobili coloniali Inglesi, che poi restauravo e vendevo presso il mio negozio di Salò: sebbene lo considerassi un ottimo lavoro, la vera giornata per me iniziava a sera, lavorando sulle piante.

Alla fine di questo periodo ho frequentato Luigi Vernacchia che mi ha aiutato ad approfondire le mie conoscenze sull’Alchimia; In questo ambito si punta soprattutto ad estrarre la forza vitale delle piante e a concentrarle nei rimedi che mirano a nutrire, sostenere e risvegliare la capacità di autoguarigione che è insita in noi.

Nella fitoterapia invece le proprietà sono conseguenza dei principi attivi chimici. Valorizzando sia l’aspetto energetico che chimico ho constatato che sono uno la causa dell’altro e, se vengono tenuti normalmente separati, è perché lavorano su piani diversi: il primo sulla “causa” della malattia e il secondo sulla sua manifestazione fisica.

Anche l’agopuntura e l’omeopatia operano sul corpo eterico.

Notando che anche altre caratteristiche della pianta parlano la stessa “lingua”, ho desiderato approfondire il linguaggio della Natura, la Segnatura, al fine di giungere ad una comprensione completa e univoca della pianta.

E da qui è partita la ricerca che vorrei condividere con voi: Lo scopo che mi prefiggo con questo sito è infatti quello di tornare in gran numero a conoscere il linguaggio della Natura.

Ho scritto un piccolo manuale sull’utilizzo delle spezie per la cura delle malattie, intitolato: “Proprietà curative delle spezie”, e ne sto scrivendo un secondo che riguarda proprio la Segnatura delle piante medicinali spontanee.

La pianta spontanea ha più energia vitale rispetto ad una coltivata, avendo dovuto tirare fuori tutte le sue risorse per sopravvivere alle difficoltà e alle sfide ambientali e, molto spesso, lo stesso contesto naturale in cui si trova (se ben interpretato) ci offre moltissime chiavi di lettura riguardo al suo utilizzo erboristico.

Una pianta spontanea la si può trovare in fondo ad una vallata umida, chiusa e con poca luce, come possiamo trovarla in un luogo aperto e asciutto, in mezzo ad un prato, dove può ricevere appieno i raggi del sole, o a ridosso di un bosco o ancora in cima ad una montagna, come ai margini di un fiume… sola o fra un gruppo di sue simili: questi sono solo alcuni indizi che ci forniscono informazioni sulla sua “personalità” e, di conseguenza, sulle sue proprietà.

Proprietà che vanno ovviamente convalidate con i dati accumulati nei secoli sui suoi utilizzi erboristici, includendo in questo confronto anche le più recenti scoperte fitoterapiche che hanno un vero e proprio carattere scientifico.

Tutto quanto deve convergere verso una comprensione olistica della pianta. Questo tipo di studio richiede molta osservazione realistica, confronto con i dati della tradizione e della scienza,  intuizione, immaginazione e lo strumento che mette tutto insieme è l’analogia.

Ci sono molti altri aspetti da considerare in quest’ottica: Non è un caso che la natura sottolinei ai nostri occhi una parte della pianta, che potrebbe avere una forma insolita, un colore appariscente, un profumo intenso, delle spine molto aguzze, molta peluria, un gusto molto amaro o astringente, o piccante o mucillaginoso od una dimensione poco comune, sia in difetto che in eccesso.

Le particolarità che per prima percipiamo di una pianta, nasconsono di solito indizi sulle sue proprietà curative.

La rosa, ad esempio, viene notata per i suoi fiori colorati e profumati; assaggiandone i petali o facendone un estratto si può subito notare che sono molto astringenti ed infatti sono utili nelle diarree e nelle emorragie.

I petali della rosa hanno la forma del cuore e non a caso questo fiore è il simbolo dell’amore: pensate ai fiori di Bach dove Wild Rose riequilibra il cuore dall’apatia e dalla rassegnazione.

I tannini che la rendono astringente contrastano l’indolenza nel lasciare andare tutto, su un piano più sottile anche le emozioni. Altra cosa che di questa pianta ci colpisce in autunno, con il loro colore rosso intenso sono i suoi frutti, i cinorrodonti.

La scienza conferma che questi frutti sono ricchi di vitamina C, cioè rinforzano il nostro sistema immunitario e maturano proprio quando ci dobbiamo difendere dal freddo dell’inverno.

A proposito di difese, in autunno si notano ancora meglio le innumerevoli spine che rivestono i suoi rami, e anche con esse la rosa ci parla di difese.

Paracelso a questo proposito diceva: alle volte ciò che la pianta causa, cura.

Se provate a strappare questi frutti spesso vi troverete impigliati nelle sue spine, e se siete maldestri, vi lacereranno la pelle… ma la stessa pianta produce molti tannini che favoriscono la cicatrizzazione delle ferite (un tempo i tannini, dato che legano le proteine, venivano sfruttate per la concia delle pelli).
Il colore rosso dei frutti e dei petali della rosa gallica richiamano il colore del sangue su cui i tannini agiscono come coagulanti.

Prima parlavo di immaginazione e fermandosi a osservare una pianta se ne può intuire questo linguaggio. Se è vero che siamo un microcosmo simile al macrocosmo in cui viviamo, siamo autorizzati a viaggiare con la fantasia per comprendere la fantasia della Natura.

Come la Natura ha una “fantasia” sconfinata nelle sue manifestazioni, altrettanto elastici, cioè senza regole fisse, dovremmo essere noi nella prima comprensione, mentre man mano che ricongiungiamo tutti i “fili” alla sua matrice terrena diventeremo più rigorosi e logici, e in questo lavoro abitueremo la logica a collaborare all’analogia, favorendo non solo la visione olistica della pianta ma anche un processo mentale di riunificazione in noi stessi e con la Natura.

Inoltre, osservare e meditare su una pianta, inevitabilmente ci porta a riavvicinarci sempre più alla Natura, anche dentro di noi.